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  • Immagine del redattoreAnna Tonini Bossi

Un successo inaspettato

– Peccato per il finale

– Peccato davvero. Il resto mi sembrava buono

Con il violoncello in spalla raggiungo le ragazze appena fuori dall’ingresso artisti. Il peso della custodia mi fa ondeggiare un po’ sui tacchi, già abbastanza instabili sull’asfalto umido.

Janela fuma la sua sigaretta post-stress e ascolta i commenti delle altre due. Michi pare soddisfatta, mentre Chiara è visibilmente delusa: – Ora ho bisogno di camminare. Voi che fate? Venite con me a prendere il cibo?

Dimenticavo che non mangiamo da stamattina. Per fortuna Chiara si preoccupa sempre della nostra alimentazione e, prima dell’ultima prova, ha ordinato al ristorante delle insalate da portar via. Merenda con insalata col tonno. Non male.

Anch’io mi sento scontenta, ma cerco di mantenermi propositiva. – Abbiamo fatto del nostro meglio. Potremo sicuramente aspirare al premio del pubblico. Avete visto quanto hanno applaudito? Dopo ogni esibizione?

– Ma quindi stiamo già dando per scontato che non vinceremo? – azzarda Michaela.

– Beh, abbiamo fatto un paio di errori oggettivi abbastanza evidenti

– Magari hanno sbagliato anche gli altri…

– Girls, io vado, venite con me o tornate in albergo? – Chiara ci richiama all’ordine.

Noi altre decidiamo di ritornare subito in hotel e ci avviamo su per la salita verso il lussuoso Leon d’Oro. Ci aspetta una lunga attesa prima della proclamazione del vincitore.

Arrivata nella mia stanza, mi butto sul letto. Sono esausta e non so se voglio piangere. Mi torna in mente una cosa che mi aveva detto Chiara qualche tempo prima: – Sai, temo di avere una specie di maledizione addosso per cui arrivo sempre seconda –. Se ci aggiudicassimo il premio del pubblico sarebbe come arrivare seconde…

Sento bussare alla porta, sono arrivate le insalate. Non c’è più tempo per piangere. Meglio così.

La camera di Janela è la più spaziosa e ha anche un balcone. Ovviamente solo il meglio per il primo violino! Ci riuniamo tutte e quattro sul suo terrazzino per divorare l’insolita merenda. Le nuvole si stanno diradando dopo la pioggia mattutina e all’orizzonte si distinguono frammenti di cielo luminoso.

– Come ha detto S. dobbiamo considerare questa esperienza all’interno del nostro percorso personale. Abbiamo imparato molto –. – Sicuro! Comunque vada preparare il concorso ci è servito –… – Ci siamo difese più che bene –…

Il morale non è dei migliori, ma ci si sforza di non darlo a vedere.

Più tardi, a cena, prima della premiazione, ritroviamo gli altri concorrenti e, per ultimi, giungono in pizzeria anche i membri della giuria. Nelle nostre menti si staglia un unico pensiero: “Loro sanno”. Loro possono mangiare tranquilli, mentre la nostra pizza fatica a raggiungere lo stomaco, completamente ostruito da un punto interrogativo serpeggiante, pesante come un macigno: “Chi?”

Ci siamo, finalmente la resa dei conti. Il teatro si riempie pian piano e anche noi partecipanti prendiamo posto in platea. Ostentiamo una finta nonchalance per nascondere il fastidio di dover aspettare ancora, tutti in abito da concerto, anche se sappiamo che soltanto un ensemble si esibirà dopo la cerimonia: il fantomatico vincitore.

Le ragazze ed io ci schieriamo in fondo alla sala; a un tratto Chiara mi sussurra all’orecchio – Le sedie sono sistemate come le vogliamo noi! –. Osservo il palco: tre seggiole e uno sgabello da pianoforte al posto del/la violista. Ha ragione. È la nostra disposizione. Faccio mente locale: di solito lo sgabello viene lasciato al violoncellista, ma io (sì, in questo faccio l’originale) preferisco le sedie normali, per cui Michaela si era presa lo sgabello. Chi avrebbe potuto volere quella combinazione oltre a noi? Magari un gruppo con il violoncello nel mezzo… il quartetto E.! Ma ricordo che loro volevano due sgabelli. Tutti gli altri, sono sicura, tengono il violoncellista esterno, quindi mi sento di escluderli, a meno che… – Ma no, è una coincidenza, non facciamoci illusioni! – rispondo categorica a Chiara.

Quando il presidente della giuria chiama i contendenti sul palco, tuttavia, sto ancora pensando a quelle stupide seggiole.

Inizia il discorso: – Siamo giunti al termine della prima edizione del concorso…

“Che batticuore, non so dove guardare, cerca di essere naturale! Ma è meglio che sorrida o che rimanga seria? Come devo mettere le mani? Non voglio apparire ridicola se scattano delle foto…”

– Un ringraziamento speciale a…

“Ma quando arriva al punto? Mannaggia alle sedie, sicuramente anche Michaela e Janela le hanno notate…”

– Il premio del pubblico va al quartetto Amai!

"Oh finalmente, bene, non torniamo a casa a mani vuote, certo siamo seconde, ma era prevedibile”.

Ringraziamo con i muscoli tesi a non far trapelare una leggera delusione e mostriamo riconoscenza alla gente in sala con inchini compassati.

– E ora veniamo al vincitore. La decisione della giuria è stata unanime…

“Però”, penso, "che bravi questi, voglio proprio vedere di chi si tratta”. Il presidente tesse lodi sperticate mentre io strabuzzo gli occhi con curiosità. Siccome ancora si dilunga, cerco di leggere in trasparenza il nome del vincitore sull’attestato che uno dei giurati tiene in mano: “… Quar…”, non ci riesco. La mia impazienza diventa quasi stizza e sembra che quel foglio di carta e quel solitario sgabello ci guardino beffardi, come se gli oggetti inanimati sapessero già come andrà a finire, non posso sopportarlo…

– AMAI QUARTET!

Al culmine del mio delirio realizzo a stento che siamo le vincitrici e per poco non grido: “Non è possibile! Ci avete già consegnato il premio del pubblico!”

Per fortuna tengo a freno la lingua, anche se il mio viso tradisce tutto lo stupore del momento. Tento di abbracciare le ragazze, ma in preda all’euforia riesco solo a muovermi goffamente.

Qualcuno chiede che cosa abbiamo intenzione di suonare al concerto dei vincitori di lì a pochi minuti e la mia mente è totalmente incapace di decidere alcunché. Balbetto qualcosa di indistinto mentre Janela (grazie al cielo) interviene con molta più presenza di spirito, scandendo chiaramente: – Prokofiev!

Ma certo! Sergei Sergeyevich come ho fatto a non pensarci? Diventerà il nostro cavallo di battaglia.

Hai visto, Chiara? Nessuna maledizione! E sì, avevate proprio ragione, tu e le sedie!



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